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è costituita da una scatola, ma può anche essere una stanza a tenuta di luce. A una parete è praticato un foro, detto stenopeico , attraverso il quale passano dei fasci luminosi che, incontrando la parete opposta, formano su di essa l’immagine di ciò che, illuminato, sta fuori. L’immagine, per una semplice legge ottica, apparirà capovolta sia in senso orizzontale sia verticale. -
Per la realizzazione furono necessarie ben otto ore di esposizione.Tecnicamente,il bitume di Giudea colpito dalla luce schiariva stabilizzandosi;le parti rimanenti, rimosse mediante una miscela di essenza di lavanda e petrolio,lasciavano scoperto il peltro successivamente rame argentato,che costituiva la parte scura dell’immagine.Otteneva un positivo,naturalmente in esemplare unico.Continuando le ricerche,consegue risultati incoraggianti dall’utilizzo del vapore di iodio che aumenta il contrasto -
La fotografia nella quale inscena una sua morte per
annegamento ne è la prova, così come il ruolo che
assume all’interno della Società francese per la
fotografia, di cui è co-fondatore, documentando le
architetture e i monumenti storici francesi. Per
questo lavoro utilizza la calotipia, che sa gestire in
tempi brevissimi. -
utilizzando la carta come l’inglese Talbot, però senza il passaggio del negativo, al pari del connazionale Daguerre. Appare curioso, oggi, che all’epoca si desse più credito alla copia direttamente positiva rispetto al vantaggio di avere una matrice positiva da cui ottenere più copie. -
Una lastra d’argento veniva a contatto con vapori di iodio, formando ioduro d’argento. Dopo un’esposizione non inferiore ai 15 minuti, i vapori di mercurio sviluppavano l’immagine che veniva poi fissata immergendo la lastra in acqua calda e sale da cucina (dal 1839, grazie alla scoperta dell’inglese John F. Herschel, cominciò ad usare iposolfito di sodio). In questo modo Daguerre otteneva immagini direttamente positive, molto dettagliate, con tempi di esposizione ridotti ad alcuni minuti. -
Talbot fu il primo ad ottenere un’immagine fotografica positiva riproducibile in più copie, grazie al passaggio intermedio del negativo Usava della carta imbevuta di cloruro o nitrato d’argento In seguito all’esposizione ed allo sviluppo con acido pirogallico si formava un immagine negativa che veniva fissata con soluzioni a base di sale da cucina o iposolfito di sodio. Dal negativo in carta resa trasparente con la paraffina si potevano stampare per contatto un numero a piacere di copie positive -
Conosciuta anche come Blueprint, la cianografia
non necessita di trattamenti chimici perché si forma direttamente durante l’esposizione ed è sufficiente un semplice lavaggio in acqua per renderla relativamente stabile. I limiti di questa tecnica stanno infatti nella ridotta durata nel tempo e nella limitata scala tonale. Si tratta inoltre di un materiale dalla limitata sensibilità. I vantaggi stanno nell’economicità e nella semplicità esecutiva -
inventata da Abel Niépce de Saint-Victor, nipote di Nicéphore, ed è datata 1848. Alla migliorata qualità dell’immagine non faceva ancora riscontro un’adeguata sensibilità, per cui l’esposizione
necessitava di tempi ancora molto lunghi. Ne derivò un impiego destinato prevalentemente alla ripresa di architetture. A favore di questo metodo va citata la praticità, in quanto le lastre potevano essere preparate anche quindici giorni prima dell’utilizzo. -
Già nel 1851 Talbot utilizzava la luce di una scintilla elettrica, ma il metodo era poco praticabile per l’esigua luce prodotta.. -
a opera dell’inglese Archer. I tempi di esposizione si ridussero drasticamente pochi secondi
o frazioni di secondo, con particolari metodi. Fu soprattutto questo fattore, assieme al metodo negativo-positivo, a decretarne il successo nonostante le difficoltà operative I fotografi, per realizzare riprese in esterno, dovevano infatti disporre di un laboratorio portatile per eseguire tutte le operazioni necessarie, ma questo non impedì a fotografi come Fenton, Brady di eseguire reportages di guerra -
riscuotono un buon
successo, ma richiedono esposizioni tre volte più lunghe in confronto alle lastre al collodio umido. -
grazie all’inglese Richard Maddox, sono introdotte le più pratiche lastre a secco che, con l’impiego della gelatina sensibilizzata con bromuro d’argento al posto del collodio, possiedono un’accresciuta sensibilità, destinata ad aumentare progressivamente grazie alle continue ricerche nel settore. Le nuove lastre si possono preparare in anticipo e lo sviluppo non deve essere eseguito immediatamente dopo lo scatto. I tempi di posa si riducono a 1/25 di secondo. -
La pellicola in rullo consentì l’ideazione e la creazione di macchine fotografiche semplici e alla portata di tutti. Il primo produttore di apparecchi di grande diffusione fu George Eastman, fondatore della Kodak, che con il motto "Voi premete il bottone di scatto, noi facciamo il resto" gettò le basi per un successo duraturo. Le prime macchine Kodak, commercializzate dal 1888, usavano rulli in celluloide dai quali si ricavavano cento immagini rotonde del diametro di sei centimetri. -
Nel 1925 in Germania iniziò la commercializzazione di una fotocamera che utilizzava la pellicola cinematografica 35 mm. La macchina venne chiamata LEICA, unendo LEItz, il nome della fabbrica, con CAmera. L’apparecchio, aggiornato sistematicamente, diede origine al formato 24x36mm, che ancor oggi è il più diffuso. Tecnicamente all’avanguardia, disponeva di ottica intercambiabile, di otturatore sul piano focale e di telemetro accoppiato per la corretta messa a fuoco. -
Sempre in Germania viene commercializzata la prima reflex biottica per pellicola a rullo, di formato 6x6 cm: la Rolleiflex. Dotato di due ottiche, consente di vedere il soggetto inquadrato attraverso l’obiettivo superiore grazie a uno specchio inclinato di 45°posto dietro, che riflette l’immagine in alto, verso l’occhio del fotografo. Attraverso l’obiettivo inferiore, dotato di otturatore centrale, passa invece l’immagine che va a colpire la pellicola. -
Negli anni Trenta si costruirono i primi flash elettronici, utilizzati principalmente in campo scientifico e militare. I flash compatti e portatili che oggi conosciamo sono prodotti solo da pochi decenni. L’attuale produzione di luci artificiali continue e flash è in grado di soddisfare le più disparate esigenze fotografiche per le ambientazioni interne ma anche esterne, dove la luce artificiale spesso affianca quella naturale
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Il sistema reflex viene ulteriormente sviluppato quando a metà degli anni Trenta, sempre in Germania, si costruisce la prima reflex con un unico obiettivo. L’apparecchio, compatto e versatile, è dotato di uno specchio che si solleva al momento dello scatto consentendo perciò alla luce di passare e, una volta aperto l’otturatore, di colpire la pellicola. L’otturatore è di tipo a tendine. -
Nel 1948 Edwin Land iniziò la commercializzazione di un sistema fotografico rivoluzionario in grado di produrre una stampa fotografica in bianco e nero dopo un solo minuto dallo scatto. Il sistema, denominato Polaroid, oltre all’emulsione comprendeva un apparecchio in grado di esporre e trattare le famose pellicole a strappo. Oggi Polaroid continua a essere un marchio molto apprezzato, anche se la produzione è passata a una diversa proprietà. -
La Mavica, lanciata dalla Sony nel 1981, offre una risoluzione di 300.000 pixel per la somma di 650 dollari; in realtà si tratta di una TV camera, in quanto le fotografie sono destinate alla visione per mezzo del televisore. Comunque si parla già di una macchina dotata di tre ottiche intercambiabili.
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La fotografia a colori costituì il sogno dei fotografi sin dai primordi non solo per motivi estetici, ma anche per avvicinarsi a quel realismo tanto ricercato.
Non potendo tecnicamente arrivare subito a tale risultato, all’inizio ci si accontenta di colorare manualmente le immagini, finché all’inizio del
Novecento i fratelli Lumière brevettano le lastre Autochromes. con le quali si ottengono immagini positive dalla granulosità piuttosto accentuata. -
Bisogna aspettare il 1999 per avere il primo modello che, pur ricalcando la forma di una reflex tradizionale, ha la struttura interamente pensata per il digitale: la Nikon D1. -
l'utilizzo degli algoritmi di intelligenza artificiale generativa per la produzione di immagini che alimentano ancor di più quella sensazione di vivere in un mondo privo di certezze e dove la “verità” risulta essere semplicemente la percezione che noi abbiamo dei fatti che ci vengono narrati. oggi basta utilizzare un sito web come Midjourney e descrivere semplicemente a parole l'immagine che
si vuole generare.