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Dante nasce a Firenze, nella casa di famiglia situata nel popolo di S. Martino del Vescovo, sotto il segno dei Gemelli
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Dante viene battezzato in S. Giovanni presumibilmente nella cerimonia collettiva del sabato santo (26 marzo).
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Nella primavera di quest’anno ha luogo il primo incontro con Beatrice: ossia Bice di Folco Portinari, poi sposata a un Simone dei Bardi
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Il 9 febbraio viene stipulato il contratto dotale (cioè l’impegno a contrarre matrimonio) fra Dante e Gemma di Manetto Donati. La futura moglie è una lontana cugina di Corso Donati, esponente di primo piano della politica fiorentina nell’ultimo quarto di secolo, nonché di Forese e Piccarda.
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Dopo la morte del padre Dante è costretto ad assumersi le responsabilità di capofamiglia.
L’amministrazione del modesto patrimonio domestico non gli impedisce però di dedicarsi ai primi studi: trae giovamento dalla frequentazione del letterato Brunetto Latini.
In questo periodo viene celebrato il matrimonio con Gemma Donati, da cui nascono almeno Jacopo , Pietro e Antonia: i primi due diventeranno letterati , la terza monaca con il nome di suor Beatrice. -
L’8 giugno muore Beatrice. Si apre una fase che a posteriori Dante giudica di traviamento e la cui natura è stata variamente intesa
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Vengono promulgati i cosiddetti Temperamenti (luglio): le nuove norme fissano nell’iscrizione a un’Arte la condizione sufficiente per poter ricoprire cariche pubbliche. Dante si immatricola in quella dei Medici e Speziali, e le tracce della sua presenza nella vita politica fiorentina si registrano quasi subito.
In questo periodo viene generalmente collocata la pubblicazione della Vita nova. -
L’11 aprile Dante e il fratellastro Francesco ottengono un prestito di 227,5 fiorini da Andrea di Guido de’ Ricci, il 23 dicembre ricevono un mutuo di altri 480 fiorini da Jacopo de’ Corbizzi: sono i primi segni della decadenza economica che sta colpendo la famiglia Alighieri, costretta a rivolgersi agli usurai.
Dopo la spaccatura verificatasi nel ceto dirigente cittadino fra Bianchi e Neri (fazioni capeggiate rispettivamente dalle famiglie Cerchi e Donati), Dante si accosta ai primi. -
Il 27 gennaio viene pronunciata una prima sentenza contro Dante, giudicato in contumacia colpevole di baratteria e condannato a una multa e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Nel primo periodo del suo esilio Dante, in gravi ristrettezze economiche, entra in contatto con le residue forze ghibelline attive in Toscana.
Il 10 marzo viene pronunciata una seconda sentenza in contumacia contro Dante, ora condannato al rogo e alla confisca dei beni. -
Forse nella tarda primavera Dante si reca a Verona, presso Bartolomeo della Scala.
È inoltre possibile che Dante, eventualmente a motivo di qualche incarico diplomatico ricevuto dai della Scala, abbia occasione di vedere le città di Padova, Treviso e forse Venezia. -
Il 17 marzo il legato per la Toscana dal nuovo papa Benedetto XI, ottiene la balia di Firenze; il 26 aprile si arriva a una riconciliazione tra il comune e una delegazione di fuorusciti.
Le speranze di pacificazione vengono deluse: il legato lascia Firenze, ormai interamente dominata dai Neri e muore Benedetto XI; il 20 luglio fallisce il tentativo compiuto dai fuorusciti per rientrare in armi a Firenze. Dante abbandona la “compagnia malvagia e scempia” dei compagni di esilio. -
Dante può aver trascorso a Bologna tutto il 1305, protetto dal regime guelfo bianco, dedicandosi alla stesura del Convivio e del De vulgari eloquentia.
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Si apre una fase completamente diversa della vita di Dante, che ora si affida a protettori guelfi legati alla Firenze nera: nello stesso periodo si collocheranno i suoi timidi tentativi di riconciliarsi con i governanti di Firenze, nella speranza di venire richiamato.
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Secondo l’opinione più diffusa, Dante avrebbe intrapreso la stesura della Commedia in questo torno di tempo.
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Dante abbandona definitivamente l’orizzonte toscano e prende a gravitare intorno alle corti signorili dell’Italia settentrionale. In una data imprecisata ripara a Verona presso Cangrande della Scala, il principale esponente del ghibellinismo in Italia: sarà la sua dimora più stabile nel corso dell’esilio.
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Probabilmente in quest’anno va collocato l’abbandono di Verona e lo stanziamento a Ravenna presso Guido Novello da Polenta. Le cause della partenza sono ignote: forse un accresciuto disagio per l’ambiente scaligero.
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Nella prima metà dell’anno, mentre sta attendendo alla stesura del Paradiso, intrattiene una corrispondenza in esametri con il professore bolognese (ma di origine padovana) Giovanni del Virgilio, che lo invita a dedicarsi alla poesia latina: Dante risponde ribadendo la propria opzione per il volgare.
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In agosto Dante partecipa a una missione diplomatica a Venezia, voluta da Guido nel tentativo di stornare un imminente pericolo di guerra. Sulla via del ritorno attraverso le paludi di Comacchio contrae le febbri malariche che ne provocano la morte, a Ravenna, fra il 13 e il 14 settembre.